#Vetrina | 05/12/2021

Roberto McCormick

Lo scopo della scuola – sosteneva il giornalista americano Sydney J. Harris – è quello di trasformare gli specchi in finestre». Per Roberto McCormick, professore emerito di letteratura e scrittura creativa presso la Franklin University Switzerland, mai definizione fu più vera.

di Andrea Ventola

Nato nel ’44 a East Orange, nello Stato del New Jersey, dopo essersi laureato a Parigi (alla Sorbona), ritorna negli Stati Uniti, a Boston e in seguito a Cambridge, nel Massachusetts, dove per sei anni insegnerà francese e letteratura francese alla prestigiosa Università di Harvard.

Nel 19’88 accetta l’offerta propostagli dall’allora Franklin College di insegnare letteratura generale e inglese, e si trasferisce a Lugano, anche per la vicinanza con la lingua transalpina, suo campo di studio e passione culturale.

«Ho sempre amato Balzac, Flaubert, lo stesso Rousseau delle “Confessioni”. Anche per questo ho deciso di spostarmi in Svizzera, terra linguisticamente e culturalmente vicina alla Francia. Inoltre, mi era stata offerta una cattedra a tempo pieno, così accettai immediatamente». 

Dopo innumerevoli pellegrinaggi e una vita passata sui banchi di scuola, McCormick decide di fare i conti col passato. Lo fa scegliendo l’unico mezzo possibile per rimettere ordine nei cassetti della memoria: la letteratura. «Nella selezione di racconti edita da Fontana Edizioni, “Io nelle scuole pubbliche”, la molla che ha dato vita all’impianto narrativo è stato chiedermi come sono arrivato a essere la persona che sono, quali esperienze mi hanno segnato e perché. Ho cercato di riflettere proprio sul concetto di formazione, dato che ha occupato un posto centrale, anche dal punto di vista professionale, nella mia vita».

Dei sei racconti che costituiscono l’opera, quattro sono ambientati a Lugano e due riguardano invece il passato del narratore-autore. «Ho sentito l’esigenza di focalizzarmi sull’aspetto a mio avviso più peculiare della scuola pubblica, vale a dire la capacità di restituire ai suoi diretti protagonisti (studenti, docenti) il senso più profondo della parola integrazione. Ricordo, a questo proposito, un episodio semplice ma emblematico: mi trovavo in Ohio, nel Midwest, e il nostro docente di educazione fisica voleva a tutti i costi insegnarci a giocare a calcio, mentre noi amavamo il baseball. Facevamo parecchia fatica a non usare le mani, e un giorno si presenta un ragazzo tedesco, che si mette a dribblare e palleggiare con eleganza, mostrandoci la bellezza del calcio e riuscendo così ad amalgamarsi perfettamente nel nuovo contesto in cui era stato inserito».

Nella raccolta non mancano episodi che suscitano imbarazzo all’autore e che gli forniscono un insegnamento fondamentale, come quando a un esame importante viene «beccato» a copiare da un compagno di banco, o altri emotivamente struggenti, quale ad esempio la morte di una collega frontaliera, madre di famiglia e docente stimata, che ogni giorno affrontava il tragitto (che si rivelerà poi fatale) dall’Italia alla Svizzera. «Ricordo che il giorno della sua commemorazione tutte le ragazze della scuola si sono strette in un abbraccio silenzioso mentre il preside piangeva a dirotto. Fu un momento che non dimenticherò mai».

McCormick, del resto, è particolarmente sensibile alle motivazioni che spingono i singoli individui a spostarsi da un luogo all’altro, in cerca di fortuna. «Ho vissuto moltissimi anni in Paesi stranieri, come Germania, Corea del Sud, Francia e Grecia, e capisco cosa si prova a doversi adattare a una lingua nuova, a una cultura diversa. Non è facile e non sempre lo si fa per scelta».

Oggi McCormick guarda a ogni attimo vissuto con occhio indagatore, cercando di scoprire qualcosa su di sé, sugli altri e sul mondo che lo circonda. «Del resto lo scopo principale della letteratura è questo... Me lo ha insegnato Proust, l’autore principe della memoria: noi siamo la somma delle nostre esperienze passate, che inevitabilmente ci cambiano. Bene o male, poco importa...

Alla fine del viaggio scopriremo qualcosa di noi che ancora non sapevamo».
 

Leggi tutto l'articolo
sull'edizione del 03.09.2021

Accedi per leggere Abbonati

#Vetrina

#Vetrina
Amos Brenn
#Vetrina
Marina Jahn