Quando a due anni e mezzo la tua voce finisce dentro un album e davanti hai l’esempio di un padre geniale metà cantautore e metà pittore, logico pensare a un predestinato. Lui, il predestinato, si è però preso tutto il tempo necessario per capire cosa volesse fare da grande; ha imbracciato la chitarra seriamente solo a 22 anni e ora, a 28, è pronto per il decollo.
Romeo Taddei ha ereditato da Claudio tratti somatici e charme: sguardo dolce, sorriso ammaliante, energia contagiosa. Da qualche tempo, li accomuna anche il fuoco sacro per le sette note, che in Romeo ha iniziato ad ardere al momento dell’addio al genitore. «L’ultimo anno e mezzo che abbiamo vissuto insieme a Caslano, tra il 2018 e il 2019, benché sapessi che lo stavo perdendo, è stato meraviglioso. Vicinanza, complicità, confidenze, lezioni di vita e di chitarra, sorsi di mate.... Quando è morto ho iniziato a sentire il bisogno di cantare e suonare».
La malattia di Claudio ha scandito l’esistenza del figlio sin dalla tenera età. «Sono nato a Montevideo nel 1997 e con la famiglia ci siamo trasferiti a Losanna, per la prima operazione, quando avevo cinque anni e mezzo e mia sorella Dana uno e mezzo. Siamo rimasti sette mesi prima di arrivare in Ticino, luogo di origine paterna, e restarci sette anni. Salvo un triennio di ritorno in Uruguay, questa è diventata casa».
A lungo, tra gli hobby, il ragazzo preferisce il calcio alla chitarra, mentre a livello lavorativo, dopo aver provato diverse vie, opta per il mestiere di personal trainer, che attualmente pratica a Cadempino.
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