#Approfondimenti | 27/03/2024

Torrazza-Lavena: quante discussioni sul confine

Nico Righetti

La convivenza tra la Torrazza di Caslano e l’italiana Lavena, regolamentata nel 1604 dal Trattato di Varese, non è stata sempre facile. Al centro delle diatribe, i rapporti politico-amministrativi, sociali e religiosi tra le due località a cavallo dello stretto di Ponte Tresa.

La località Torrazza, oggi Comune di Caslano, è separata da Lavena dallo Stretto omonimo, largo poche decine di metri. Torrazza, anticamente anche Torraccia, prende il suo nome da un’antica torre che sorgeva sulla cima del monte Sassalto. Se ne scrive già, da parte dell’Anonimo Comense, nel «De bello Mediolaniensium adversus Comenses». Della torre è rimasto nulla poiché venne atterrata nel 1640 e i resti, o parte di essi, secondo Nino Greppi, usati per la costruzione del campanile della Parrocchia di Caslano.
Ma come sorse la comunità di Torrazza? Alcuni lavenesi si erano trasferiti e poi stabiliti al di là dello Stretto ai tempi del Ducato di Milano (1277-1797). Erano i Torrazza e il loro cognome derivò appunto dalla località dove per primi si erano insediati. Poi furono raggiunti da altri lavenesi, quali i Guarneri, i Mina, i Taiana e i Vicàri. Molto laboriosi, avevano reso fertili quei terreni, impiantandovi vigneti, alberi da frutto e pascoli, oltre a cavare sassi per poi cuocerli e ottenerne calce. Rimasero però sempre attaccati a Lavena, sia economicamente sia spiritualmente, poiché dipendenti dalla Parrocchia locale. Ma nel 1513 Massimiliano Sforza, duca di Milano, dovette cedere ai Cantoni svizzeri il Luganese, che era già stato occupato nella guerra contro i francesi, con relativi problemi per le nostre zone.
In realtà gli svizzeri, almeno in un primo momento, non si preoccuparono di «quelle due-tre case» appartenenti alla Parrocchia di Lavena i cui abitanti pagavano le tasse prima ai Rusca e poi ai successivi feudatari, i Marliani, anche perché il Priore di Lavena possedeva molte terre in quel luogo, la Torrazza appunto. Poi le cose cambiarono e, sempre nella prima metà del XVI secolo, la comunità di Caslano contestò lo sfruttamento, da parte dei lavenesi, del versante sud del Sassalto: pascoli, legna, calce, oltre ai diritti di pesca.