Religione tra i banchi

Emanuela Bottoni

Un nuovo anno scolastico è alle porte e, tra le varie decisioni che devono prendere i genitori degli allievi che frequentano le elementari o i primi tre anni delle medie, c’è quella se iscriverli o meno alla lezione di educazione religiosa.

La Svizzera è una nazione di cultura cristiana, dove prevalgono l’appartenenza alla Chiesa cattolica (31%) e a quella evangelica (20%), come rilevano le percentuali relative al 2023 pubblicate dall’Ufficio federale di statistica. Anche l’istruzione religiosa nella scuola pubblica ticinese prevede una duplice offerta confessionale, facoltativa dalla prima elementare alla terza media, che in quarta media si trasforma in un’ora di storia delle religioni obbligatoria per tutti. Alla luce di un aumento costante delle persone che dichiarano di non appartenere a nessuna comunità religiosa e di una società sempre più multiculturale, viene da chiedersi se abbia ancora senso proporre tale materia e a chi possa essere destinata.
In Ticino, benché prevalga la religione cattolica (56% contro un 3% di protestanti e un 30% senza confessione), uno studio condotto un anno fa dal Centro intercantonale di informazione sulle credenze religiose ha evidenziato la presenza di 500 comunità religiose e più di 30 lingue parlate. Un pluralismo culturale e linguistico che si ripercuote anche a livello scolastico, con le statistiche relative agli allievi delle scuole dell’obbligo che mostrano come il 29% non sia di nazionalità svizzera e il 22% non sia di lingua madre italiana.
L’Ufficio di istruzione religiosa scolastica della diocesi di Lugano riferisce di 140 docenti e 13mila studenti coinvolti nelle scuole elementari ticinesi e sta attuando un processo di formazione e di aggiornamento dei programmi e dei materiali didattici, in collaborazione con autorità cantonali e comunali.
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