#Approfondimenti | 10/01/2025

Amicizia ritrovata sotto l'albero

Gianni Ballabio

È la storia del Nandu e del Bertu. Amici, quasi fratelli, avevano fatto le scuole assieme, lavorato fianco a fianco, comperato un vigneto insieme. Poi, all’improvviso, per colpa di qualche grappolo d’uva, l’amicizia svanisce. Fino a quando a Natale...

Proprio due amici, anzi quasi fratelli. Ul Nandu e ul Bertu, perché già da piccoli i nomi venivano tradotti in dialetto, avevano fatto insieme elementari e maggiori, avevano giocato sulla stessa piazza, fatto slittate d’inverno quando veniva giù come Dio la mandava, scendendo lungo strade che non conoscevano ancora le macchine, per poi passare come manovali e quindi muratori nell’impresa di costruzioni del paese. Infine erano partiti per Le Locle, che chiamavano Locul, per guadagnare un pane più generoso, anche se salato di nostalgia.

Ritornavano sotto le Feste: «Tornan indré da via pal munt. E quindi Ultim pass,/ ültim tocch d’una strada/ sugnada/ par mes e par mes. E infine La cà, la döna,/ i fiöö,/ ul camin cun la brasa/ ch’a scolda in di cör/ ul frecc immügiaa/ dal vess via pal munt», scriveva in sano dialetto il poeta. Ripartivano quando già facevano capolino i primi fiori, per riprendere la loro fatica sotto la bise della Brévine. Come la biblica manna del deserto, nella cittadina a confine del loro villaggio natio era germogliata nel frattempo la ferrovia e così, ancora una volta insieme, i due lasciarono la pur generosa terra romanda, per cominciare un nuovo mestiere fra traversine e binari. «An metü sü ul capel», diceva la gente, commentando che la paga era buona e sicura perché «la Cunfederela la paga ben e dopu i cataran anca la pensiun». Raramente lavoravano insieme. La giornata infatti era suddivisa in rigorosi turni (ul bunura, ul normal, ul tardi, la nott) che solitamente non coincidevano.