Fürlònia da Bagài (Irrequietezza di giovani)

 
Roberto Bottinelli

Dalle biglie alla bici, incursione nel mondo giovanile di un’epoca in cui ci si divertiva nelle strade: i piccoli giocando sugli sterrati con i «bocètt», i più grandicelli con le bici.

«Pén i boff prim da tàna» (è vietato soffiare vicino alla tana) e «Pén ögìn» (è vietato colpire la biglia avversaria dall’alto) erano due leggi indiscusse di un gioco che, per il perdente, poteva concretizzarsi con la perdita di tutte le sue biglie, le palline di vetro trasparente con una specie di foglia attorcigliata azzurra, verde o rossa nel mezzo.

Stabilita la linea di partenza, segnata una riga al di là della quale entravano in gioco le regole di cui sopra e scavata una buca, «la tàna», obiettivo dei giocatori, si iniziava. Il primo che entrava in tana con la sua biglia poteva impossessarsi di tutte quelle sparpagliate all’interno dell’area delimitata. Da qui una regola implicita: o si puntava alla buca per vincere oppure si cercava di stare alla larga dall’area «pericolosa», all’interno della quale si rischiava di perdere la propria «bucéta».
Ogni giocatore arrivava con un sacchetto contenente un numero più o meno consistente di biglie, il suo «gruzzolo» personale e prima di iniziare ci si doveva accordare se si giocava «in insalata» oppure se effettivamente il vincitore poteva impossessarsi delle «boccette» degli avversari. L’eccesso di spanne impiegate dal vincitore per avvicinare le palline colorate degli avversari e spingerle nella zona «pericolosa» – in mancanza di un arbitro «imparziale» – costituiva un valido motivo per una robusta scazzottata, generatrice di abrasioni varie. Da minimizzare in famiglia, per evitare guai più seri.

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sull'edizione del 03.06.2022

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