Equità, razzismo, promuovere la diversità, multiculturale, violenza di genere, nonbinario, diversificare: sono solo una manciata delle parole e dei concetti che l’amministrazione Trump ha bandito dalla propria comunicazione e che formano la grafica dell’acronimo della rassegna cinematografica cittadina.
Indipendentemente da che parte la si guardi – destra, sinistra o centro – la situazione è grama. Conflitti, soprusi, violenze, disoccupazione, precarietà, diritti violati, immigrazione, abusi di potere e via citando formano un quadro in cui per molti è impossibile vivere. Anche nel nostro Occidente sempre meno ovattato. Piano piano apriamo gli occhi su situazioni che non siamo più disposti a tollerare e ben vengano eventi come questo di Lugano che stimola, pungola, interroga, denuncia. Un festival che – a livello di titoli – resta di nicchia: registi e attori sono spesso tutti da scoprire dal grande pubblico e non ha insomma senso presentare le diverse pellicole (i dettagli sono su festivaldirittiumani.ch), quanto piuttosto soffermarsi sulle parole di chi promuove la manifestazione.
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