#Stile libero | 19/01/2023

Traghettatore di memoria

Giuseppe Zois

Viviamo in un’epoca che va di corsa e nella quale si trova sempre meno tempo per indugiare un po’ su sé stessi, anche per rivisitare il passato. Pio Lorenzetti è uno che ha «impacchettato» il passato, quintali di carta di riviste, libri, documenti storici d’ogni genere. Faceva il rilegatore (dal 1952 al 1997 alla Veladini e alla Buona Stampa), quindi un traghettatore di memoria.

Non so quante volte ho detto e scritto che rimango sempre incantato dalle persone che amano il loro paese, che segnano le date da non dimenticare sul taccuino, che aspettano con gioia la festa patronale e le sagre, che sottolineano ricorrenze e anniversari. Era la quotidianità dei nostri nonni e di padri oggi in età. Adesso ci sono le agende elettroniche, ma è tutto un altro contatto rispetto al calendario appeso alle pareti delle cucine, con fogli che riepilogavano anche la vita di famiglia. Accanto ad ogni Santo del giorno, con il lapis si annotavano gli impegni, quando si seminava nell’orto, si tagliava la legna e si infiascava il vino, le date che riguardavano gli animali di proprietà. Questo era anche il popolo che amava i proverbi e quando non c’era la meteo, che ora arriva dall’App sul telefonino, riusciva nelle previsioni scrutando il corso delle nuvole e dei venti. 

Pio Lorenzetti è uno di questa generazione e di questo Dna. È rimasto fedele allo stile di vita che gli avevano trasmesso il padre e il villaggio, considerando che aveva perso la mamma a 3 anni. Quando si parla con lui di usanze, tradizioni, storie di una volta, è come aprire una piccola enciclopedia di quotidianità, con le contrade, i volti, le vicende accadute, i soprannomi che erano una cartina di tornasole nei frequenti casi di omonimia, perché si trasmettevano i nomi da nonno a nipote o di padre in figlio. Pio è capace di individuare chi c’è in un edificio dal fumo del comignolo. L’ho sempre visto con lo scossale dei tipografi: Pio in grigio d’ordinanza rispetto ai colleghi che lavoravano nella tipografia del giornale, che erano in blu. Appartato, attento al lavoro che faceva, sempre sorridente e con la cordialità nell’accoglienza di chi arrivava, nei diversi traslochi che i mutamenti tecnologici imponevano anche per le stamperie. Quante riviste ha sottratto alla dispersione, trasformandole in raccolte che oggi sono lo specchio dei decenni d’uscita! 

Renato Martinoni, anni fa sulle pagine del settimanale «Il Caffè», scrisse che «c’è molta gente di cui nessuno parla mai, gente che non ambisce a essere invidiata e che tuttavia lascia dei segni destinati a durare. Sono coloro che con l’amore e la passione si impegnano a fare qualcosa di buono». Pio Lorenzetti è uno di questi tessitori operosi del giorno-dopo-giorno. Il mestiere e il desiderio di conoscere e raccontare mi ha messo in contatto con donne e uomini. Mi sono imbattuto anche in un galantuomo che ha onorato l’impegno e il lavoro e il suo nome è Pio Lorenzetti (nella foto con monsignor Grampa)…