Con il 1° settembre 1939, quando Hitler invase senza alcun preavviso la Polonia dando seguito concreto alle sue mire espansionistiche, la Svizzera decretò lo stato di mobilitazione generale. Era l’inizio della Seconda guerra mondiale. L’afflusso di profughi verso la Svizzera neutrale, già in corso da alcuni anni in seguito alle Leggi razziali promulgate in Germania e successivamente in Italia, aumentò in modo esponenziale.
Nel Cantone Ticino, l’afflusso maggiore di esuli si ebbe dopo l’8 settembre 1943, quando la notizia dell’armistizio firmato dal Governo di Pietro Badoglio con gli angloamericani, dopo la destituzione di Mussolini, venne diffusa via radio. La conseguenza fu un esercito italiano allo sbando, un fuggi-fuggi verso la Svizzera e l’occupazione delle frontiere da parte delle truppe tedesche. Due settimane dopo, Mussolini venne liberato e iniziarono i rastrellamenti e le deportazioni. Vennero istituite taglie in denaro per chi favoriva la cattura di ebrei.
Attraverso i valichi meno custoditi si riversarono nel nostro Paese migliaia di fuggitivi, intere famiglie accompagnate da passatori a volte privi di scrupoli.
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