#Approfondimenti | 14/10/2023

Coltivare la città

Angela Mollisi

Gli orti urbani stanno emergendo come spazi preziosi per riconnettere le persone con la natura, rafforzare il senso di comunità e offrire un’opportunità educativa senza pari per i bambini, come dimostra l’esperienza della masseria «Il Gemmo» di Lugano.

Nel frastuono delle trasformazioni urbane globali, la ricerca dell’equilibrio tra crescita sfrenata e sostenibilità ambientale e sociale è diventata una questione di primo piano. In questa dinamica, gli orti emergono come veri protagonisti, rivelando un ruolo vitale nella rigenerazione delle città e nella costruzione di comunità consapevoli. Il loro impatto va ben oltre la produzione di frutta e verdura a chilometro zero: questi spazi verdi sono veri e propri cuori pulsanti di coesione sociale, scuole all’aperto di sensibilizzazione ambientale e laboratori di uno stile di vita sostenibile. Nel nostro Cantone, questa sinergia armoniosa tra paesaggio naturale e tessuto urbano assume una veste unica, come un ponte che collega mondi altrimenti separati. 
Da Lugano a Mendrisio, fino al Sopraceneri, diventa evidente come queste realtà stiano svolgendo un ruolo cruciale nel colorare di vita i quartieri e nell’accendere la curiosità delle giovani menti. E mentre il movimento dell’orticoltura cittadina si espande, le iniziative fioriscono, offrendo una gamma di sfumature sempre più ampia. Dai tradizionali orti urbani comunali, che tramite bandi di concorso assegnano ai cittadini un piccolo pezzo di terra da coltivare per un periodo prestabilito, agli orti didattici che abbracciano l’educazione di bambini, giovani e individui con disabilità, l’offerta è in continua espansione. Questi progetti formativi attingono al supporto di diverse fonti, dal Cantone alle istituzioni scolastiche e associazioni no-profit, svelando come la collaborazione sia il filo conduttore che intreccia queste iniziative nella costruzione di un futuro più consapevole e sostenibile.

Rigenerazione urbana e sociale
Gli orti collettivi sono spazi di coltivazione, ma soprattutto di apprendimento e coesione sociale. La masseria «Il Gemmo» nel quartiere di Besso è un esempio emblematico di come spazi verdi condivisi possano rigenerare i legami tra le persone e la terra. La storia de «Il Gemmo» inizia in un momento critico: la pandemia. Con molte attività sospese, Karin Ernst e Mirko Marelli, ideatori dell’iniziativa, hanno deciso di sfruttare il terreno a loro disposizione per avviare un progetto condiviso. In un contesto in cui il Covid ha spinto numerose attività a una pausa forzata, la coppia ha voluto canalizzare le proprie energie verso una causa che andasse oltre il profitto personale. «Disponevamo di questi campi – spiega Mirko Marelli – e abbiamo iniziato senza troppe aspettative: invece, ciò che è nato come un semplice esperimento ha rapidamente guadagnato slancio, nonostante le prime sfide nella ricerca di risorse necessarie per sostenere l’iniziativa». Risorse che sono arrivate grazie alla risposta favorevole del vicinato (ma non solo), che ha donato attrezzi agricoli e tanta conoscenza. «Qui ci sono parecchie persone che un tempo lavoravano la terra ma che oggi non hanno accesso a spazi verdi», precisa Mirko. «Ecco che hanno messo a disposizione le proprie competenze e persino le attrezzature, in cambio di verdura fresca e di un “ritorno alla natura”».
La coppia ricorda sorridendo la mattina in cui le porte sono state aperte al pubblico: «La risposta della popolazione è stata straordinaria», commenta Karin e da quel giorno «Il Gemmo» è diventato anche un luogo di ritrovo, dove le persone si riforniscono di verdure fresche e si incontrano per conversare, trasformando l’atto quotidiano dello shopping in un’esperienza sociale.