Cari lettori, ci presentiamo: siamo la terza elementare di Sonvico e con la nostra maestra abbiamo esplorato il quartiere, scoprendo molte cose interessanti che ci piacerebbe condividere con voi. Iniziamo dal nome stesso: Sonvico, «summus vicus», significa il villaggio più alto.
È situato su una collina al limite nord della Valle del Cassarate, a circa 10 chilometri dal centro e a un’altitudine di 603 m (altitudine della chiesa di San Giovanni Battista). Si affaccia come un balcone su un magnifico panorama che incornicia il lago Ceresio e il San Salvatore. In passato la sua posizione privilegiata era ben conosciuta nella Svizzera interna ed era una meta apprezzata, in cui ci si recava per respirare aria buona e trascorrere dei periodi di riabilitazione dopo malattie o incidenti.
Aggregatosi alla Città di Lugano nel 2013, Sonvico, con la frazione Dino, conta circa 2mila abitanti ed è, insieme al quartiere di Valcolla, uno di quelli con la superficie maggiore.
Lo stemma – Lo stemma di Sonvico racconta molto della sua storia. Al centro è rappresentata una grande montagna, i Denti della Vecchia, che domina il villaggio. Ai lati, due torri ricordano che qui si ergeva un castello, con mura fortificate che proteggevano il villaggio. È proprio dalla lettura dello stemma che abbiamo iniziato a scoprire tante curiosità legate al quartiere.
Torchio delle noci – Nel quartiere di Sonvico si snoda – un po’ nel nucleo e un po’ nei boschi circostanti – il sentiero storico naturalistico intitolato «Acqua-fuoco-cielo-terra», che valorizza diverse testimonianze del passato e vari aspetti naturalistici presenti nel territorio. Uno dei punti del percorso è il Torchio delle noci. Situato nel nucleo, risale al 1582. È stato ristrutturato più volte e l’ultimo intervento è stato fatto nel 1983. Nell’edificio ci sono tre sale: una con una mostra sulle noci, una con il torchio e il frantoio, una con una mostra sul noce. Il torchio è visitabile, ma purtroppo non è funzionante.
La Castellanza – Sonvico è un paese molto antico, che come detto aveva un castello. Dalle analisi di un professore dell’università di Zurigo sembrerebbe che misurasse 30 metri di larghezza e 60 metri di lunghezza. Purtroppo però non ci sono documenti ufficiali che lo confermano. Originariamente apparteneva ai duchi di Milano. Nel 1517 la Svizzera di allora propose alla Castellanza di entrare a far parte dei territori elvetici. A una condizione: avrebbe dovuto distruggere le mura, altrimenti i Cantoni gli avrebbero dichiarato guerra. I sonvichesi accettarono ed è per questo motivo che oggi non troviamo più nessuna testimonianza della presenza del castello. Fino al 1800, Sonvico comprendeva all’interno dei suoi confini anche il territorio dell’attuale quartiere di Villa Luganese e, fino al 1878, anche quello di Cimadera.
Pian Pirèt – Un altro punto di particolare interesse, nei boschi di Madonna d’Arla, è Pian Pirèt. Si tratta di una bellissima zona di svago in cui è possibile fare picnic e divertirsi nel parco giochi di legno di castagno, dove è presente una selva castanile con circa 180 alberi secolari. Tra il 2018 e il 2019 è anche stato realizzato, alle spalle del parco giochi, un frutteto con 28 alberi di conservazione di antiche varietà di castagno.
La strega e le canne d’organo
Facendo delle ricerche sulla montagna rappresentata sullo stemma – i Denti della Vecchia – abbiamo trovato due leggende: una che spiega l’origine del nome e una che narra una magica vicenda.
Si narra che migliaia di anni fa una vecchia strega malvagia portasse distruzione e terrore nei territori dove ora sorge Sonvico. Aveva un dente giallo e aguzzo e se lo toccava per diventare grande e forte quando doveva sconfiggere qualcuno. Nessuno era mai riuscito nell’intento di batterla. Un giorno la regina delle lepri chiese aiuto a un uomo pensando che con la sua astuzia avrebbe potuto in qualche modo distruggere la strega. Quando la perfida vecchia giunse nei pressi di Sonvico e vide l’uomo, cercò immediatamente di toccarsi il dente magico, ma quest’ultimo, fulmineo, le scagliò contro una pietra che la colpì proprio sul dente. A quel punto si scatenò l’inferno: la strega scomparve in una nuvola di fumo puzzolente, gli alberi vennero abbattuti e dal cielo piombò un bolide rovente e fischiante che, dopo aver compiuto una parabola, cadde con spaventoso fragore sulla cima del monte. Passata la tempesta, l’uomo si rialzò e vide che dietro il paese si ergeva maestosa una montagna appuntita che somigliava tutta al dente della vecchia strega. Pare che sia proprio da questa leggenda che derivi il nome della montagna che sovrasta Sonvico: i Denti della Vecchia. Ma perché denti e non dente? Perché con il passare dei secoli l’erosione ha trasformato questo unico dente di roccia in tanti denti appuntiti.
La seconda leggenda che abbiamo trovato racconta una storia davvero un po’ magica. Tantissimo tempo fa, un musicista e cantastorie originario di Como, un certo Spallucci, venne in Ticino con il suo organetto a portare la sua musica e le sue storie alla gente dei villaggi. Un giorno si imbatté in Nicola, un calzolaio, che gli raccontò che la montagna che sovrasta Sonvico produce una meravigliosa e soave musica. Spallucci fu felicissimo di avere una nuova storia da raccontare, ma volendo saperne di più si recò sul posto per sentire questa melodia. Giunto ai piedi della montagna aspettò per ore, ma di suoni non ne sentì. Decise così di mettersi a suonare il suo organetto per richiamare la musica della montagna, e questa ad un certo punto si manifestò. Era una melodia celestiale: il più bel suono che avesse mai udito. Alzando gli occhi al cielo, lo Spallucci vide che dalle guglie della montagna sembravano uscire, insieme alla musica, ventate d’aria, proprio come quelle che escono dalle canne di un organo quando lo si suona. E che le nubi sopra le vette si spostavano ad ogni cambiamento di nota. I Denti della Vecchia, con le proprie guglie, sembravano un grande organo della natura. Poi la musica cessò. Spallucci tornò più volte ai piedi della montagna per sentirne la voce, ma lei non suonò più. Il cantastorie portò la narrazione di questa sua bella avventura in giro nei villaggi che visitava. In punto di morte, volendo sentire questa musica celestiale, tornò sui Denti della Vecchia. E questa volta la montagna, come per salutarlo, suonò per l’ultima volta.