#Antichi ricordi | 28/03/2022

Tradizioni pasquali negli anni cinquanta

La vigilia di Pasqua era impegnativa per i ragazzi di Bosco Luganese. Di buon’ora scendevano a Bioggio per accendere le «carnas lle». A mezzogiorno facevano il giro del villaggio al suono delle ghiraghére.

di Aurelio Devittori

«A sa purtava in tücc i cà ul föcc sant e sa lasava un po’ da scendra sòra la stüva economica o sul camin»

Il sabato, vigilia di Pasqua, per noi ragazzi (solo i maschi) era una giornata impegnativa e faticosa. Al mattino di buon’ora si scendeva a Bioggio per essere alle 7 sul piazzale della Chiesa, a quei tempi sterrato, dove era già pronta una piccola catasta di legna costituita per lo più da fascine di tralci di vigna (fassin da vidàsc). I ragazzi di Bosco e di Bioggio si radunavano intorno alla stessa. L’incaricato accendeva la legna e appena si alzava la fiamma il sacerdote impartiva la benedizione al fuoco. A quel momento ognuno di noi allungava una specie di spiedo appuntito, sul quale erano infilzate le «carnasèlle», escrescenze che spuntano sui tronchi di alcuni alberi (foto sopra). Non appena emettevano un fumo profumato, si toglievano dalla fiamma e si ritornava in paese. Arrivati alle prime case, si entrava sparpagliando un po’ di cenere sulla stufa economica o sul camino. La «carnasèla» brucia lentamente, lasciando per ore un gradevole profumo di legna.

Ognuno riceveva un soldo: chi dava 1 centesimo, chi 2, chi 5... Le famiglie benestanti anche 20 centesimi. A Bioggio una ricca signora consegnava ad ogni ragazzo 50 centesimi, una cifra per noi enorme a quei tempi. Allora, prima di salire verso Bosco ci infiltravamo con quelli di Bioggio e, anche se non era il nostro territorio, approfittavamo della generosa ricompensa. Il giro terminava verso le 10.30. Il ritrovo era «Sota ai piant», un prato con un piccolo bosco nella frazione di Case Lucchina. Contavamo l’incasso, che si aggirava attorno ai 4 franchi.

Dopo aver riportato a casa propria la «carnasèla», poco prima di mezzogiorno si sortiva nuovamente. Il giro era appannaggio dei soli abitanti di Bosco Luganese e lo scopo era di avvisare che mezzogiorno era imminente. Lo si faceva con un aggeggio chiamato «ghiraghéra». Si tratta di uno strumento in legno, scordato, che si suonava nella Settimana Santa, il venerdì e il sabato, in sostituzione delle campane.