#Città e quartieri | 05/03/2022

I Terrieri di Dino non hanno futuro

Indetta l’assemblea per decidere lo scioglimento della corporazione e la cessione dell’asilo, prossimo alla dismissione, al Patriziato di Sonvico.

È una decisione storica quella che i terrieri di Dino sono chiamati a prendere mercoledì 9 marzo. Convocati in assemblea straordinaria alle 20 nella sala multiuso di Sonvico (ex aula del Consiglio comunale), devono esprimersi sue due proposte: l’alienazione e lo scioglimento della corporazione e la cessione a titolo gratuito dell’asilo infantile di Dino al Patriziato di Sonvico. Edificato nel 1904 dagli stessi terrieri, l’asilo sarà presto dismesso e sostituito con la nuova sede in costruzione a Sonvico sull’area del complesso elementare. Una moderna costruzione che, tra qualche mese, accoglierà tutti gli alunni di Dino e Sonvico, oggi suddivisi in due sedi. «Scelta, questa, che rende di fatto privi di effetto e di efficacia gli scopi disposti a suo tempo dai fondatori della corporazione» rilevano il presidente Battista Ghirlanda e il segretario Daniele Ghirlanda in una nota stampa in cui si annuncia la seduta assembleare.
Ad auspicare la fine della corporazione e la cessione dei suoi beni al patriziato è una cinquantina di cittadini di Dino, la cui richiesta è stata considerata «legittima» dal Consiglio di amministrazione della corporazione che ha deciso di indire l’assemblea.

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Delle scuole di Dino e Sonvico abbiamo già parlato nell'articolo di Danila Nova «Gli asili di Dino e Sonvico, dall’iniziativa dei privati all’intervento dell’ente pubblico» del 18 maggio 2018. Lo riproponiamo integralmente.

Fino al 1830 circa nei nostri paesi la scuola – limitata peraltro all’insegnamento della lettura, scrittura e far di conto – era appannaggio del parroco che, senza un locale particolare e talvolta dietro pagamento, impartiva poche ore di lezione in modo del tutto empirico e avendo come base i testi religiosi. La cura e l’educazione dei bambini più piccoli era invece lasciata alle famiglie. Il più delle volte l’iniziativa scaturiva da privati cittadini (non raramente ecclesiastici), che sotto varie forme si ingegnavano per creare istituti atti alla cura dei più piccoli in modo da toglierli dalle strade e da situazioni igienico-sanitarie difficili. Tanto più che le donne (dovendo sostituire gli uomini, quasi tutti emigrati) erano occupate nei campi, nei boschi o nelle stalle e la custodia dei bambini non era facile. Talvolta erano affidati agli anziani, che non potevano occuparsene adeguatamente, altre volte fasciati e lasciati a lungo nei letti o nei cesti, facili vittime di incidenti e malattie. La mortalità infantile era una piaga sociale, basti pensare che ancora nei primi anni del Novecento il tasso si aggirava attorno al 188 per mille!

Primi alunni nel 1904

Dai pochi documenti disponibili sappiamo che a Dino giù nel 1901 una «commissione» intraprende le pratiche per acquistare un terreno da adibire ad asilo infantile. All’epoca nel Cantone non sono tante le strutture del genere: nel 1906 in tutto il Ticino se ne contano 50! La costruzione del fabbricato inizia nel 1903 e diversi volonterosi mettono gratuitamente a disposizione la manodopera. A finanziare e a promuovere quest’opera ci sono tre persone: l’ingegner Giacomo Lepori di Dino, deceduto al Cairo nel 1898 e che nel testamento aveva destinato a tale progetto un legato di 10mila franchi; suo figlio Antonio, che pure sostiene con generosità l’iniziativa; e Angelo Ghirlanda (fu Pietro) di Dino, residente a Cordoba (Argentina), che tramite suo fratello Giuseppe in data 3 gennaio 1903 fa pervenire 10.778,44 franchi con uno scritto in cui dice: «Detta somma dovrà servire per un erigendo asilo infantile nel paese esclusivamente per i bambini dei terrieri di Dino». Il primo anno scolastico inizia nell’ottobre 1904 con la maestra Antonietta Ronchetti di Dino, che mantiene l’incarico fino al 1922. Siccome a Sonvico non è ancora in funzione una struttura del genere, nel 1905 Salvatore Polli, pur essendo di Sonvico, ottiene di far frequentare l’asilo ai suoi bambini pagando una tassa. Più tardi la medesima opportunità è concessa a diverse altre famiglie di Sonvico.

 

Arrivano i sussidi

Per i primi decenni l’amministrazione dell’asilo è tenuta da un comitato eletto dall’assemblea dei Terrieri, che hanno sempre rivendicato la proprietà dello stabile. Dalla fine degli anni quaranta del 900 sia il Comune che il Patriziato sostengono finanziariamente questa casa dei bambini. Dal 1922 al 1924 l’asilo è gestito dalla maestra Giovannina Azzi di Caslano; le succede nel 1924 Amalia Realini di Magliaso, che continua l’insegnamento sino al 1946, quando le subentra Silvia Meneghelli di Dino, che insegnerà fino al 1971. Nel 1975 inizia la sua attività come docente Gabriella Toscanelli (nata Polli), che insegna tutt’ora nello stesso edificio. Negli anni sessanta i Terrieri di Dino respingono l’idea di unificare il loro asilo con quello che Sonvico stava progettando e ancora nel 1988 all’assemblea dei Terrieri non si sblocca la questione riguardante la cessione dello stabile al Comune (con 61 voti a favore e 61 contrari), che nel frattempo si era assunto i costi di manutenzione e della docente, ma era esentato dal pagamento dell’affitto. Dall’anno scolastico 2001/2002 l’allora Comune di Sonvico istituisce una nuova sezione, cosicché l’asilo poteva offrire accoglienza a 56 bambini in totale. Questa terza sezione si è insediata nei locali dell’ex-scuola maggiore di Dino; la prima maestra è stata Elena Bassi, l’attuale docente è Cristina Gargantini.

 

A Sonvico tutto comincia nel 1920 per iniziativa di un giovane parroco

Nella Santa Casa con don Rovelli
 
Anche a Sonvico la creazione di una casa per bambini nasce da un’iniziativa privata o meglio dall’intraprendenza di un giovane parroco d’inizio Novecento. Infatti nel 1919, non appena giunto in paese, don Giovanni Rovelli, «vedendo il bisogno morale e materiale, prende l’iniziativa di istituire un asilo infantile. Dopo diversi progetti, trovando impossibile creare un fabbricato interamente nuovo, si ferm  all’idea di utilizzare in parte il vasto fabbricato della chiesa denominato “Santa Casa”, che da anni non era piusato per il culto e che minacciava di rovinare. Ottenuto il consenso del vescovo mons. A. Bacciarini, in data 25 maggio 1920 veniva costituita la Fondazione asilo infantile di Sonvico (...). I lavori di adattamento della chiesa, iniziati il 10 maggio 1920, furono ultimati il 10 agosto; il progetto fu ideato dal parroco stesso, gli artigiani erano tutti o quasi del luogo (...). L’asilo fu aperto ai bambini il 16 agosto 1920 e affidato alle suore della S. Croce di Menzingen». I lavori di trasformazione interessano l’interno dell’edificio. Sono riservati al culto la parte centrale (la «Santa Casa» vera e propria) e il piccolo atrio d’ingresso della chiesa fino alla cappellina. Le due navate laterali e il presbiterio vengono adibiti a saloni per l’asilo infantile (vi si conservano ancora, benché malandati, i tre altari ornati di stucchi). Il primo regolamento precisa, tra l’altro, che la direzione è affidata al parroco, assistito da un consiglio d’amministrazione composto da due municipali, un membro del Patriziato e uno della famiglia Lotti. Si prevede di ospitare bimbi dai 3 ai 7 anni per 10 mesi all’anno (con un mese di vacanza in estate e uno in inverno). Gli orari sono i seguenti: 9-12 e 13-16 in inverno; 8-11 e 13-17 negli altri mesi. 

 

Un giardino sulla piazza di Soldà

Per offrire ai bambini l’opportunità di giocare, il Patriziato mette a disposizione la vicina piazza di Soldà. Questo giardino è inizialmente concesso per 25 anni, poi l’autorizzazione sarà rinnovata a più riprese. I costi della riattazione della Santa Casa ammontano a circa 20mila franchi. Il Comune ne sblocca 7mila da «donazioni preesistenti» (si utilizzano cioè alcuni lasciti, il più importante è quello dell’ing. Giacomo Lepori); altri contributi giungono da benefattori privati, da associazioni e da una raccolta fondi fra gli emigranti in California. La colonia sonvichese di San Francisco partecipa al sostentamento di quest’istituto anche negli anni trenta e seguenti del 1900. Ancora nel 1951 don Rovelli, in una lettera in cui si fa rappresentare da Enrico Bignasca, scrive che l’asilo, costato oltre 70mila franchi, dal 1920 in poi ha un debito residuo di 7mila franchi. Afferma che lo stesso «provvede all’assistenza di 50 bambini dai 3 ai 6 anni» e dalla California arrivano 265 dollari, pari a 1.137,30 franchi. Nel 1924 si costruisce una piccola casa di abitazione per le suore adiacente alla chiesa. La spesa è in parte coperta da un mutuo di 9.510 franchi presso la locale Cassa rurale. Solo a partire dal 1947 il Comune elargisce un sussidio di 300 franchi, che passerà dal 1949 a 500 e dal 1955 a 1.200 franchi.

 

Si decide per la municipalizzazione

Dai documenti esaminati (lettere conto-resi) si evince come le difficoltà finanziarie fin dall’inizio non abbiano mai abbandonato l’amministrazione. In particolare risultano elevati i passivi degli anni 1939-40. Nel 1947 l’amministratore (il prevosto stesso?) chiede al Consiglio di Stato il sussidio straordinario, parlando di assoluta mancanza di fondi e paventando la chiusura dell’asilo. La proposta di aumentare la tassa vigente di 2 franchi mensili, da cui i poveri sono dispensati, viene definita «odiosa e inopportuna», mentre i bimbi accolti sono 40. Più sotto scrive: «L’utilità della casa è evidente in un paese montano e tipicamente agreste. I bambini rimarrebbero abbandonati alla strada, alla vita semiselvaggia e antiigienica».
A partire dal 1960 si comincia a parlare di costruire un nuovo asilo (lettera del prevosto don Vaghetti al vescovo del 29 marzo 1960), visto che l’attuale non sembra più confacente alle «esigenze igieniche e didattiche moderne». Nel 1962 don Vaghetti scrive al Patriziato e richiama precedenti istanze con cui l’amministrazione dell’asilo chiedeva di poter costruire un nuovo stabile sul terreno denominato «Piazza dei soldati» e usato come cortile. Da parte sua l’avv. Marco Ghirlanda mette a disposizione 100mila franchi per l’operazione. Negli anni seguenti il Consiglio comunale decide di municipalizzare gli asili di Sonvico e Dino, riconoscendo le rispettive amministrazioni come commissioni speciali di cui fanno parte almeno due municipali. Nel 1968 i bambini entrano nel nuovo edificio a Sonvico, quello tutt’ora in uso. Le suore di Menzingen, giunte nel 1920, lasciano nell’agosto 1969. Arriva la maestra Rosemarie Brunner (Udriot), che si occuperà dei bambini di Sonvico fino al 2014. Dal 2015 la subentra la maestra Nicole Belloni, attualmente coadiuvata da Daria Nidola.