#Pensieri diversi | 09/12/2021

Ciao nuova stagione, oggi ti parlo di me

Sono una donna? Non lo so. È possibile definire l’essere donna? In questi anni, me l’hanno scritto in centinaia: tu che sei una vera donna, una con la D maiuscola. Davvero? Perché?

 di Denise Carniel

Da adulta, posso dire di essere – fortunatamente – una femmina, oggi molto più consapevole della sua femminilità, non più spaventata di esibirla. 

Nonostante le insicurezze. Ma, paradossalmente, ho capito che sono anche molto maschio, nel modo diretto che ho di guardarti negli occhi, di parlare senza fronzoli. Mi emoziono come una femmina, ma mi commuovo come un maschio.

Che poi chi l’ha detto che gli uomini non possono piangere? Le avete mai assaggiate le lacrime di un uomo dopo avergli dato amore e tenerezza? Sanno di sincerità. Parlo come un maschio, di un’ironia pungente, caustica, incomprensibile a volte. Penso alla carriera, non desidero figli, come il cliché nel maschio. Ma so prendermi cura degli altri fino alla morte, come le donne. Faccio pensieri e retropensieri come una donna, parlo tanto come una donna, ma so anche ascoltarti per ore, come un uomo.

Mi imbarazzano le domande che ti scavano nel profondo. Pochissimi sanno che sono più a mio agio completamente nuda, quando mi aiutano a vestirmi, rispetto a quando mi chiedono «Come stai?», dimostrando che sono davvero interessati alla risposta. Perché per me la vera intimità sta negli occhi, in una voce che ti sfiora la pelle. Sono una vera donna per tutto questo? A me sembra solo un’accozzaglia di luoghi comuni. Sono solo una persona che ha scelto di essere vera. Ciò che auguro a tutte voi. Ho voglia di parlarvi di donne, parlando essenzialmente di me.

Ho iniziato da un punto di domanda perché è una vita che me ne pongo e le risposte mi hanno portata al benessere che provo oggi, scevro da pregiudizi e giudizi, perché so che ogni gesto, ogni scelta è il risultato di una storia che non conosco. Quello che scelgo di vivere oggi deriva da una consapevolezza: che io non mi manco più. A me, certo, mancano un sacco di cose: qualche venerdì, ma anche sabati e domeniche; talvolta il tempo; ogni tanto gli abbracci sinceri; spesso il bacio della buonanotte. Ma non mi è mai mancata una cosa: il coraggio di vivere la vita che volevo.

Sto anche rivalutando il concetto «poco di buono». Quando una donna esce dagli schemi, dai ranghi, si mostra, si espone, automaticamente viene additata come una poco di buono. Io sono una poco di buono, oh sì. C’è poco di buono in me: sono estrosa, estrema, diretta, schietta, troppo estroversa forse; sboccata di certo, a volte scurrile. Spesso non riesco a moderare gli entusiasmi. Sono eccentrica, amo mostrarmi, scoprirmi. Sono testarda, caparbia, perfida quando capisco che vuoi fregarmi. Detesto chi mente. Amo la passione: emotiva, spirituale, fisica. Sono piena di difetti, ma li vedo e voglio migliorare. Sto cercando di curare il poco di buono che c’è in me. Invece in quelli che giudicano e parlano dall’alto del loro pulpito c’è tanto di cattivo. La vera grandezza sta nell’umiltà di riconoscersi piccoli.
 
Non è l’involucro che conta per me, quanto il contenuto. Un’anima bella, un cervello pensante, un cuore accogliente e il piacere per me è assicurato. 
Sono eteroriferita: propensa al diverso a ciò che mi incuriosisce, mi intimorisce, mi mette in difficoltà anche, perché così mi accresce. Smettiamola di essere giudicanti, cominciamo a essere felici. Ma capisco la difficoltà: giudicare implica guardare cosa fanno gli altri, essere felici significa rivolgere lo sguardo all’interno e lavorare lì dove la voce più sorda urla. Eppure è l’unica strada per uscire fuori. E salvarsi dalla mediocrità. La vita mi ha forgiata; il dolore mi ha definita; l’amore mi ha resa completa.

Ciao nuova stagione, sii buona compagna. 

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sull'edizione del 12.11.2021

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