E l’orto più bello di Lugano?

di Fausto Sassi

«Ciao Tato».
«Ciao Roberto. Come sta la tua mamma Adriana?».
«Bene, grazie, più tardi passerà in macelleria. Ma dimmi, qual è il motivo del titolo?».
«Sai, l’altro giorno è venuto a trovarmi il Renzo Barchiesi. Lo conosci?».
«Certo, è l’amico tuo e di mio padre, curatore del fu orto più bello di Lugano. È venuto a vedere cosa è rimasto del suo orto?».
«No, è venuto a salutarmi e a bere un bianchino. Devo dirti che è rimasto impressionato dalla mole del palazzo che è spuntato dove c’erano il suo orto e, accanto, un parcheggio. Al momento è in costruzione; sette piani completamente impacchettati nella plastica semi trasparente. Sembra un’opera in grande scala dell’artista Christo, sai quell’americano che “imballava” monumenti ed edifici».
«Certo, quello che aveva realizzato anche la passerella sul lago d’Iseo. Ma di chi è quel palazzo in costruzione?».
«A dirti il vero non lo so. Il terreno confina da un lato con la proprietà della signora Cecilia Castagnola, che abita a Zurigo e ogni tanto torna a Lugano nella sua bella casa rosa, proprio di fronte al Vanoni, venuto alla ribalta ultimamente grazie ai movimenti dei molinari».
«Credo che quella casa abbia una bella storia, vero?».
«Certo, pensa che la casa, con le relative serre che si trovano accanto, risultava già sulle cartine di Lugano del 1882. Poi, verso l’inizio del secolo scorso, il marito della signora Cecilia, dentista a Zurigo, l’acquistò e da allora è sempre stata di proprietà della famiglia».
«Prima hai accennato alla serra…».
«Sì, sarà lunga una ventina di metri e, naturalmente, la facciata è tutta a vetri. Quelle costruzioni di fine Ottocento venivano chiamate limonaie perché ospitavano soprattutto i grandi vasi di piante di limoni durante l’inverno».
«E adesso cosa ospitano?».
«Il Renzo mi ha detto che ancora oggi svernano quattro grossi vasi di limoni».
«Ma il Renzo si prende ancora cura delle piante di limoni della signora Cecilia?».
«No, ma quando lei è a Lugano si vedono sempre».
«E tu?»
«Io, spesso, dal mio balcone ammiro quel bellissimo giardino, dove svetta un vecchio faggio rosso alto una trentina di metri, dalla forma perfetta, con una chioma meravigliosamente rigogliosa. Credo che il Comune di Lugano dovrebbe includerlo fra gli alberi da proteggere, non solo per la sua maestosità, ma anche perché penso sia l’unico che possa testimoniare la nascita dell’ex orfanotrofio femminile Vanoni. Sai, l’altra sera c’era una leggera brezza, che scendeva dal monte Gazzirola, che muoveva dolcemente le fronde di quel faggio, che oscillavano da destra a sinistra e leggermente dall’alto in basso, facendo cambiare le tonalità di rosso delle foglie da intenso a più tenue. Sembrava che stessero parlando tra di loro, commentando gli avvenimenti di questi giorni, i giovani molinari, la polizia, le voci che si levavano nella notte, a volte anche in modo violento, e mi sembrava che le fronde dei rami più bassi chiedessero a quelle dei rami più alti informazioni sui fatti che loro non avevano visto perché erano a pochi metri da terra».
«Certo che la fantasia non ti manca!».
«Sai cosa mi raccontava il Renzo, che con me ammirava il meraviglioso faggio? Mi diceva che, una volta, nella foresta francese di Verzy, la presenza di numerosi faggi nani dai rami e dai tronchi contorti inquietavano il popolo, convinto di avere a che fare con creature mostruose».
«Interessante questa storia…».
«E non è la sola. Narra la leggenda che, una notte, in Lussemburgo un contadino udì un frusciare di fogliame di due faggi. Incuriosito ascoltò con attenzione finché percepì il sussurro di voci umane e s’accorse che erano quelle dei genitori defunti che si lamentavano per il freddo. Conversando con loro seppe che stavano scontando una penitenza grave perché in vita si erano dimostrati poco caritatevoli con i poveri. Il giorno seguente il contadino e la moglie fecero un’offerta per i bisognosi e chiesero al prete di celebrare due messe. Da allora i due faggi non si lamentarono più».
«E a voi due cosa ha detto il vecchio faggio?».
«Non posso riferirlo, ma non è stato molto contento di tutto quel trambusto davanti a casa e al Vanoni, tant’è che anche la signora Vanoni, che aveva fondato e creato l’istituto per le orfanelle, si è lamentata con il faggio il quale, riferendo tutte le brutte parole che aveva sentito in quella sera, diventò ancora più rosso del solito».
«E Il Renzo?».
«…».
«Ciao Tato, hai sentito la nostra chiacchierata?».
«…».
«Dici che è tutto vero? Hai parlato anche tu con il faggio? No? Perché era occupato con altre persone? Certo che se tutte si palesavano, la via Simen si sarebbe intasata completamente! Speriamo che risolvano i problemi al più presto».
«…».
«Capito Tato, torniamo dalla Portughesa che è meglio. Dai Roberto, nemm».
«E il faggio rosso?».
«Lui sta fuori perché dalla Portughesa non può certo entrare. Entrerà con lo spirito!». 

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sull'edizione del 09.07.2021

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