L’Egitto nel DNA

di Fausto Sassi

«Ciao Adriana».
«Ciao Tato, cuma l’è?».
«L’è che siamo ancora qui a raccontar storie».
«A vedi, ma cusa l’è sta storia dal Dna e l’Egitt?».
«Si tratta di una saga, una dinastia finita per ben due volte in Egitto».
«Tato, scüsa la mia ignuranza, ma cusa l’è ’na saga?».
«È la storia di un popolo, di una famiglia, in questo caso dei Filipello, che si sono trovati un paio di volte in Egitto».
«A fa cusè?».
«Adesso ti racconto. Arnaldo Filipello nacque ad Altavilla, nel Monferrato, il 2 maggio del 1887. Studiò musica da autodidatta e, già in giovanissima età, sostituiva l’organista del paese durante le funzioni religiose. Poi, grazie ad alcune borse di studio, si diplomò al Conservatorio di Milano nel 1909. Iniziò la sua carriera quale concertatore e direttore d’orchestra, dirigendo nel 1910 la Cavalleria Rusticana al Teatro Lirico di Milano. Con una piccola orchestra fondata da lui, iniziò un giro di concerti in alberghi a Sankt Moritz, Lucerna e Lugano, dove si stabilì nel 1914, diventando insegnante di musica nelle scuole comunali fino al pensionamento. Fondò il Coro bambini ticinesi e diverse altre corali, tra cui i Canterini del Ceresio, poi diventati Canterini di Lugano. Il maestro Filipello era un estimatore di Wagner, tant’è che quando nacque suo figlio lo chiamò Lohengrin».
«“Lohengrin”, la famosa opera romantica di Richard Wagner! Adess sì che ma rigordi da quii düü Filipello!».
«Lohengrin Filipello studia alla Magistrale e insegna in Val Colla e in altre scuole del Cantone; poi, grazie alle conoscenze del padre Arnaldo, entra a Radio Monteceneri, dove lavora come giornalista, cronista, inviato speciale, annunciatore, fino a diventare resposabile dell’attualità. Era sempre alla ricerca del nuovo, del diverso, dell’inaspettato. Tra le sue cronache più originali ci furono quella in volo da un aliante, dal fondo del lago dove si immerse con uno scafandro da palombaro e un’altra chiuso in gabbia con un leone per raccontare l’esperienza dal punto di vista del felino. La sua principale dote era quella di saper raccontare, quasi dipingere le situazioni, in modo tale che l’ascoltatore si immedesimava pienamente nelle varie situazioni. Nel racconto con il leone, rigorosamente in diretta, si percepiva la sua tensione...».
«Mi a ga vess avüü ’na fifa!».
«Comunque fece scalpore. Nel 1956 presentò il primo Gran Premio della canzone in eurovisione».
«Quela storia lì ma la regordi anca mi!».
«Io lo incontrai quando era responsabile dell’attualità radiofonica e divenni un suo collaboratore».
«Ma ti ta fasevat mia l’attor giovane della compagnia di prosa?».
«Sì, ma siccome volevo crescere professionalmente, chiesi a Filipello di poter fare dei documentari e lui mi disse: “Bene, prova. Scegli un tema, registralo e montalo qui in radio. Se sarà valido te lo compro, altrimenti arrivederci e amici come prima"».
«E ti?».
«Siccome avevo uno zio che aveva fatto la Prima guerra mondiale e si esprimeva bene, scelsi quel tema. Cominciai a informarmi: le cause, la situazione storica, gli avvenimenti... Passavo ogni momento libero alla Biblioteca cantonale. Finalmente feci l’intervista a mio zio e scoprii che durante la guerra aveva sparato un solo colpo per uccidere un cane che aveva la rogna! Ma mi disse che a Trieste c’era un’organizzazione di reduci. Ci andai e conclusi il mio documentario che intitolai con i primi versi di una celebre poesia di Giuseppe Ungaretti “Un’intera nottata buttato vicino a un compagno…”. Piacque, fu accettato e diffuso. Guadagnai 150 franchi lavorando tre mesi! Pensa che molti anni dopo in una mia trasmissione ebbi come ospite Giuseppe Ungaretti al quale raccontai questa mia storia».
«Va ben, ma cusa centra l’Egitt?».
«C’entra, perché Filipello divenne uno specialista di Medio Oriente e si innamorò del Cairo».
«E alura?».
«Allora ebbe un figlio maschio nel 1944 che chiamò…».
«…Tutankamon».
«No. Nicola. Professioni imparate: fotografo da Vincenzo Vicari e cameraman da Enzo Regusci a Ginevra, quindi torna in Ticino e, visto che in televisione non lo assumono, per due anni vende caramelle. Finalmente nel ’72 entra alla Rsi, prima come cameraman di studio poi per le riprese esterne, girando il mondo in lungo e in largo. Se suo padre incantava con le parole, lui incantava con le immagini. D’altronde con due maestri come Vicari e Regusci, non poteva che essere bravo. Nel 2007 decide di andare in Egitto e, come era successo a suo padre, si innamora del luogo. Prende un appartamento a Orgada, a 500 km dal Cairo e 200 da Luxor, dove trascorre sei mesi all’anno, finché, con gli eventi burrascosi degli ultimi anni, decide di tornare a vivere la pensione a Lugano».
«Capito. Ma ti tal vedat ammò ’l Nicola?».
«Certo, e sai dove?».
«Da la Purtughesa!».
«Giusto! è un suo affezionato cliente. Anzi, andiamo a vedere se lo incontriamo». 

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sull'edizione del 05.11.2021

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