#Che tempi! | 05/12/2021

La ginnastica, amore a prima vista

di Gabriele Botti

Nel 1969 Domenico Rossi di anni ne aveva appena 6, ma le idee che gli passavano per la testa erano già ben chiare. «Quel giorno ho ammirato la bravura eccelsa di Robert Bretscher agli anelli e per me è stato amore a prima vista con la ginnastica artistica. Infatti ho iniziato praticamente il giorno dopo, nella fila della Società federale Lugano. Ero motivatissimo, la ginnastica è diventata subito una delle mie ragioni di vita: amavo allenarmi, amavo lo sport e stavo bene con tutte le persone coinvolte. Era bellissimo. Certo, ho avuto anch’io i miei momenti difficili, ma li ho sempre superati attraverso il lavoro, il lavoro e ancora il lavoro. Solo quello corregge le tue debolezze e i tuoi errori».

Ma quanto e come si allenava Domenico Rossi? Curava anche l’alimentazione e aveva uno stile di vita globalmente sportivo? Ci sono trucchi che possono essere svelati? «A pensarci bene, credo proprio che dai 12 anni in avanti andavo in palestra quotidianamente. A 16 anni sono partito per Macolin e lì mi allenavo 4 ore al giorno, dalle 14 alle 18, con costanza e dedizione. Ho imparato subito che solo con il lavoro si raggiungono dei buoni risultati e che il sacrificio è necessario per salire di livello e poter competere con i migliori. Il mio rapporto con il cibo? Negli anni ottanta non c’erano dietologi competenti come al giorno d’oggi. Io cercavo semplicemente di mantenere il mio peso ideale, mangiavo un po’ di tutto senza essere troppo pignolo, controllandomi il giusto. Vivendo a Macolin, in un contesto altamente sportivo, alimentarsi nel modo opportuno era quasi automatico così come era del tutto logico avere sempre un’attitudine sana». Lo sport lo ha dunque accompagnato lungo tutta la sua vita e ancora oggi è un suo fedele compagno, tanto che Rossi si allena tuttora 3-4 volte alla settimana per un’ora e mezza. «Senza sport mi sento strano», ci dice.
 
C’era una volta un bambino vivace che un giorno vide alla televisione i Campionati europei di ginnastica artistica. Era il 1969 e quel bambino ne restò talmente colpito che corse dalla mamma a dirle che un giorno sarebbe diventato un bravo ginnasta.

 

Formare l’atleta e la persona

La ginnastica artistica è diventata un lavoro e Rossi ricopre un incarico di grande responsabilità: oggi è capo allenatore della nazionale junior. «Dedicarsi ai giovani è la cosa più bella, e non è un discorso valido unicamente per l’aspetto sportivo: il nostro compito, stimolante quanto appagante, è anche quello di formarli come persone a tutto tondo. Il carattere è la cosa più importante: la carriera di un ginnasta dura circa vent’anni, tutto viene e tutto passa; il carattere invece si forma da giovanissimi e ti accompagna fino alla fine della vita. Il mondo, e parlo in generale, ha bisogno di esempi e di modelli, di persone che si sacrificano per un obiettivo, che hanno competenze sociali, che hanno traguardi anche ambiziosi e che dimostrano che tutto è possibile. Lo sport e la società qui corrono in parallelo: hanno gli stessi obiettivi».

Nel suo lavoro, Rossi visita regolarmente i 7 centri regionali e i 7 centri cantonali sparpagliati in Svizzera. Osserva, analizza, seleziona e aiuta. «Esatto, sono sempre in giro... Per 16 settimane organizzo collegiali a Tenero o a Macolin e preparo incontri internazionali, Campionati europei e in futuro mi occuperò anche di Campionati mondiali. Pianifico, organizzo e seguo i ginnasti. Sono un tuttofare: un po’ tecnico, un po’ manager, un po’ coordinatore, eccetera».

Cosa le piace di più di questo ruolo? «Tantissime cose. Mi verrebbe da dire tutto. Ma là in cima c’è la formazione, il piacere e la soddisfazione di formare un ginnasta, portarlo alla perfezione estetica e acrobatica. E, come detto, formarlo come persona: sport e vita di tutti i giorni devono andare di pari passo, essere legati strettamente uno all’altra».

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sull'edizione del 25.06.2021

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