#Rileggiamoli | 03/03/2022

In corteo, una carretta tirata da un mulo

a cura della redazione

Anche quest’anno maschere e coriandoli sono rimasti nell’armadio. Ne approfittiamo per pubblicare la terza puntata del nostro viaggio tra i nomi dei nostri carnevali. Iniziamo da Or Penagin e Porta Penagia.

Nel 2020 a Tesserete era tutto pronto per festeggiare il 120.mo compleanno del carnevale più atteso e folle del Luganese, ma proprio alla vigilia la mannaia si è abbattuta sui bagordi. Si pensava di recuperare nel 2021, ma sappiamo tutti come è andata. In occasione del giubileo, il presidente Livio Mazzuchelli aveva raccolto – e poi pubblicato sul sito orpenagin.ch – diverso materiale storico, tra cui la composizione del comitato all’origine dei primi festeggiamenti nel 1901: Giovanni Ferrari (presidente), Luigi Riva (vice), Domenico Deluigi (cassiere), Tullio Ferrari (segretario), Alfredo Antonini, Pietro Barchi, Giuseppe Deluigi, Luigi Ferrari, Emilio Grassi, Giovanni Muschi, Domenico Riva, Felice Riva, Eli Scalmanini e Silvio Canonica. Da subito, nel programma spicca il corteo. «In un documento di 120 anni fa sono annotate le spese: l’ingaggio per un carro era di 2.50 franchi. Si trattava di una costruzione piuttosto casalinga: una carretta tirata da un mulo o un asino, addobbata con rami d’abete e ginestre. L’allestimento iniziava probabilmente il sabato mattina per essere pronti nel pomeriggio, visto che durante la settimana il carro serviva per la legna, lo strame, il letame e affini». I divertimenti erano raccolti in una sola giornata, da mezzogiorno a notte fonda. «Risotto, corteo, tombola, palo della cuccagna e vino nelle osterie. Dopo cena si ballava. Le signorine uscivano con i genitori a far festa e alla fine aiutavano le madri a portare a casa i padri...».
A Tesserete, le chiavi del carnevale sono consegnate a Or Penagin. Chi era? Gli anziani parlano dei monti di Davrosio, sopra Gola di Lago, dove un contadino curava le capre e faceva formaggini. Il suo fedele aiutante – Porta Penagia – si recava saltuariamente a Tesserete per vendere i latticini e fare la spesa. Nelle bettole sentiva le novità, soprattutto i problemi e le diatribe, che puntualmente riferiva al Penagin. Quest’ultimo, all’inizio della Quaresima, scendeva al piano per tenere un discorso e mettere a posto le cose. «Penagin deriva da penagia, zangola in italiano – riferisce Livio Mazzuchelli – Consiste in un cilindro col fondo chiuso e un coperchio forato al centro; nel foro passa l’asta di uno stantuffo. Nel cilindro viene versata la panna che, dopo un paio d’ore di continua agitazione, si trasforma in burro. Il Carnevale di Tesserete ha preso il nome di Penagin perché questo attrezzo un tempo era presente in tutte le case della Pieve. Non solo: gli abitanti di Lugaggia erano e sono tutt’oggi chiamati i Penagin».

 

Lapìn, Tor e Balabiott

Restando in zona, a Bidogno si festeggia il Carnevà Ro Lapìn, che fa riferimento al soprannome della gente del villaggio. Deriva con ogni probabilità da lapa, parlantina; quindi i lapìn sarebbero i chiacchieroni.
A Magliaso il regno è invece quello dei Badola, nomignolo dato un tempo agli abitanti per la folta presenza di italiani.
I bagordi di Brè sono organizzati dal Gruppo animazione Cai & Baregott: gli anziani chiamavano cai i bambini di Brè, mentre baregott (castagne bollite) sono gli abitanti di Aldesago.
A Gandria c’è il Carnevaa di Tor. Tra le varie spiegazioni, quella più accreditata lo fa risalire alle fatiche, agli sforzi inauditi che gli abitanti dovevano fare per spostarsi.
A Manno, è difficile risalire con certezza all’origine del nome Re Tecet, ma con ogni probabilità è legata al capanno presente un tempo a ovest del nucleo storico. Gli anziani del paese ricordano che i festeggiamenti venivano organizzati già alla fine della Seconda guerra mondiale. In piazza Bironico, ma qualche volta anche verso l’uscita sud del nucleo vecchio, veniva allestito un palchetto sul quale diverse persone si avvicendavano a raccontare in modo umoristico le vicende più significative legate al Comune. L’organizzazione è poi passata al locale Football club e attualmente è curata dalla Filarmonica Medio Vedeggio.
C’è posta per noi! «Salutiamo con simpatia tutti i lettori della Rivista di Lugano – scrive il comitato Nüm Balabiott di Croglio-Castelrotto – Purtroppo quest’anno non abbiamo potuto servire la nostra mitica busecca, ma i cuochi sono fiduciosi di vedervi numerosi l’anno prossimo». L’appuntamento è per il 1° marzo 2022. «Sarà una giornata in allegria per tutti i bambini, mentre alla sera, come consuetudine, ci sarà il concorso in maschera con ballo e premiazione a mezzanotte. Avete un anno per prepararvi e noi vi aspettiamo con l’entusiasmo di sempre… Anzi di più!».

 

Da Ba-Ba-Ro a Ran & Rav

«Negli anni '50 presso l’osteria “La solitaria” – a quel tempo uno dei pochi edifici sul Pian Scairolo – gli amici Banfi, Balmelli e Rossi hanno fondato la società carnascialesca Ba-Ba-Ro». Renato Fumagalli, presidente della Commissione di quartiere di Pambio-Noranco, è un fine conoscitore delle vicende locali. «Contemporaneamente, nel medesimo ristorante nasceva una sala da ballo che divenne famosa nella regione: è passata alla storia l’esibizione del celebre cantante italiano Luciano Tajoli».
Torniamo a parlare di carnevale. «Con il passare del tempo il gruppo ha cambiato nome, da Ba-Ba-Ro a Ran e Rav, i simboli dello stemma comunale: Ran (rane) per Noranco e Rav (rape) per il nucleo di Pambio». Tra i membri di comitato che si sono succeduti, Fumagalli cita, per impegno, «Domenico Triaca e il compianto Pierino De Battista». Per quanto riguarda la sede del Carnevaa di Ran e Rav, ci si è spostati dall’osteria La solitaria al piazzale della Casa comunale. Dopo qualche stagione di stanca, «nel 2015 è nato il Nuovo gruppo ricreativo Ran & Rav, che ha ripreso la tradizione dei bagordi, proponendo la festa in un capannone che viene montato di fianco all’asilo Bagion a Pambio», rileva ancora Fumagalli.
Il Nuovo gruppo è attivo anche in altri ambiti: feste di fine estate (l’ultimo weekend d’agosto), Aperò Strada (una volta al mese in un luogo diverso con la popolazione che porta qualcosa da consumare insieme), processione di Natale della scuola dell’infanzia. Nel comitato, con il presidente Riccardo Togni, troviamo Marco Nenni (vice), Karin Togni (cassiera), Daniel Tonet (segretario), Marco Lucchini, Anna Nenni, Laura Mancini, Giovanni Sorgi, Andrea Salvador, Alex Margiotta e Barbara Lurati. «Il gruppo Ran & Rav non vede l’ora che la situazione sanitaria si risolva per poter riproporre i nostri eventi e stupire la popolazione con nuove proposte», conclude Riccardo Togni.

 

Tra Zocoròn, Porscein, Cavre e Padèla

«Spiegazioni vere e proprie non ce ne sono» precisa Danila Nova, appassionata di storia locale a cui ci siamo rivolti per sapere qualche cosa sulla derivazione di Zocoròn e Porscein, termine tuttora in auge per designare le popolazioni di Sonvico e Dino. «Nella tradizione orale, Zocoròn deriverebbe dall’atteggiamento rustico e rozzo dei sonvichesi, che portavano le tipiche zoccole di legno. Qualcuno evidenzia anche un altro aspetto: quello più legato a una presunta limitatezza mentale». Interpretazioni che confermano una tesi più volte evocata in queste pagine, circa l’origine «esterna» di espressioni colorite che evidenziano difetti e stravaganze e alle quali non sono probabilmente estranei rapporti di vicinato non sempre idilliaci. E il carnevale era probabilmente l’occasione per prendersi gioco l’uno dell’altro in modo ironico e scherzoso. Tant’è vero che nella Valle del Cassarate, dove le feste in maschera hanno lunga tradizione, i regnanti dei carnevali vicini vengono ricevuti con tutti gli onori.
Non solo: ai tempi, alcune edizioni sono state festeggiate in modo congiunto, con i cortei mascherati che scendevano da Sonvico e Villa Luganese diretti a Cadro per intavolare con i locali «Padèla» il banchetto. La folla gremiva il piazzale del ristorante Lengina, al cui centro svettava il palo della cuccagna. I bagordi proseguivano nel pomeriggio a Dino, dove in particolare si tenevano i discorsi spassosi dei regnanti.
Torniamo ai nomi con Danila Nova per precisare che «i vecchi definivano gli abitanti di Dino “i scbugòn”, detto di chi ha la cacarella, ma anche degli uccellini buttati fuori dalla nidiata quando è troppo numerosa. Poi si è imposto il termine Porscein, con evidente riferimento alla scarsa pulizia».
Neppure per i Padèla ci sono spiegazioni. La pentola è simbolo tutt’ora in voga sui manifesti e nella coreografia che colora il carnevale di Cadro, che nel frattempo si è spostato al centro scolastico. È stata ripresa la tradizione del palo della cuccagna, sul quale un tempo si sfidavano i giovani della regione, e anche il corteo dei bambini, aperto da Ras Padèla, vive un momento fortunato in termini di partecipazione e di decibel prodotti dai mestoli battuti con forza sulle pentole.
Nella soprastante Villa Luganese, sono invece i Cavre a scendere in piazza per un carnevale pure vivace e ben frequentato. Le capre, che abbiamo incontrato più volte in questo viaggio, dovevano essere diffuse nelle selve e sui monti di Villa, al punto che sono state chiamate a indicarne tutti gli abitanti.

 

Sbroja, il giornaletto della resilienza

«In questo periodo complicato sono rare e preziose le occasioni per sorridere. Ma noi dell’Associazione Carnevale Lugano abbiamo voluto comunque marcare presenza con un’edizione speciale de Ul Sbroja. Abbracciando con il pensiero chi è stato maggiormente colpito dalla pandemia, proviamo a concederci un sorriso con l’augurio di vero cuore di ritrovarvi in salute all’edizione 2022. Forza e coraggio, tutti insieme ce la faremo!». Con questo messaggio di Fabio Schnellmann, presidente dell’associazione, si apre il numero speciale di Ul Sbroja, che strappa un sorriso via l’altro grazie a vignette e scritti di Armando Boneff, Silvano Montanaro, Pier Alberti, Adriano Crivelli, Christian Demarta, Paul Fontana, Javier Martinez, Lulo Tognola, Fredi Schafroth e Hanspeter Wiss. Non mancano ovviamente il discorso del re e un concorso.

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sull'edizione del 19.02.2021

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