Un mese di teatro in città

Ricordiamo, riprendendo i giornali dell'epoca, Achille Majeroni (1881-1964), a cent'anni dal suo debutto a Lugano. Ebbe un’intensa attività sui palcoscenici prima di entrare nel mondo del cinema.

di Mare Dignola

Il 27 dicembre 1921 Gazzetta ticinese annuncia che «è apparso il cartellone della nuova stagione di prosa all’Apollo, col debutto della compagnia di prosa italiana di Achille Majeroni. Nel repertorio ci sono quaranta lavori, tra vecchi e nuovi, dai quali dovranno essere scelti quelli da dare nelle 24 rappresentazioni della stagione».

Achille Majeroni (1881-1964), dopo un’intensa attività teatrale entrò nel mondo del cinema lavorando come caratterista, interpretando parti secondarie, ma comunque degne di nota, in alcuni validi film. Ha lavorato nei «Vitelloni» di Fellini e nell’«Ape regina» di Ferreri. A Lugano debutta con un’opera di Parker, «Il Cardinale», che così viene descritto dal cronista del Corriere del Ticino il 2 gennaio: «Giudicando dal debutto, Achille Majeroni con la sua compagnia, segnerà una brillante stagione al nostro Apollo. Il teatro affollatissimo ha fatto ieri sera delle grandi dimostrazioni al magnifico artista che ha trovato nel lavoro di Parker di dare sfoggio a tutto il complesso delle sue qualità d’eccezione; parecchie chiamate ad ogni atto con applausi a scena aperta e una vera acclamazione alla fine del terzo atto». Il comportamento poco educato di alcuni spettatori viene stigmatizzato su diversi giornali. Gazzetta ticinese, il 2 gennaio, scrive: «È assolutamente necessario che la direzione del Kursaal prenda delle severe misure contro i ritardatari, non lasciando loro occupare i posti se non ad atto finito, onde non disturbare il pubblico, coll’entrare nella sala a rappresentazione incominciata». Le cose migliorano subito. Infatti il giorno dopo Gazzetta ticinese scrive che «ieri sera abbiamo con piacere constatato come i soliti ritardatari siano stati più puntuali nell’entrare in platea». Nel cartellone della compagnia figura anche quello che Libera Stampa il 20 gennaio definisce «il capolavoro del teatro classico comico italiano: “La Mandragola” di Machiavelli, commedia in 5 atti». E poco più avanti leggiamo che «Machiavelli sfoggia nello scabroso argomento che forma la trama di “Mandragola” tutta la scaltrezza, vivacità ed eleganza di cui era prodigo». Segnalando che la commedia sarà rappresentata nella sua integrità come fu data nel 1520 alla presenza di Papa Leone X, il giornale conclude scrivendo che «la Direzione dell’Apollo avverte che, pur trattandosi di spettacolo classico, è un lavoro poco adatto per signorine. Il che è il più provocante invito ad accorrervi numerose».
L’invito della direzione del teatro non sembra essere stato accolto se leggiamo quello che scrive, non senza una vena polemica, Gazzetta ticinese il 21 gennaio: «Buon numero di spettatori, tra i quali molte signore, assistette ieri sera all’Apollo alla recita della “Mandragola”. Durante un paio d’ore il pubblico si divertì e rise per le frasi, forse un po’ piccanti e chiare ma non tali però da far crollare il teatro per un improvviso castigo di domeneddio, come forse lo credeva un tempo il Governo Respini. Guai a noi se domani quella forma di Governo ritornasse al potere, la civiltà indietreggierebbe di un mezzo secolo».
Di recita in recita, la stagione teatrale termina il 25 gennaio. Il commento all’ultima rappresentazione lo leggiamo sul Corriere del Ticino il giorno dopo: «La recita di ieri sera come recita di addio della compagnia Majeroni ha saputo un po’ di ripiego; buttata là a bagagli e scenari partiti, ad attori già un po’ dispersi, col proposito di andarne alla fine in qualche modo, “Il perfetto amore” del Bracco meritava un’altra interpretazione e soprattutto un po’ più di fedeltà. Con ciò non vogliamo togliere nulla al buon ricordo delle parecchie magnifiche interpretazioni dateci dal Majeroni e dal complesso della sua compagnia nel corso della troppo breve stagione di prosa. Agli artisti che partono auguri!».